Ero un bambino molto timido, certo di quella mia diversità fatta della incapacità di lasciarmi andare con facilità ad un sorriso, sebbene dentro avessi una gran di voglia di ridere.

La musica mi folgorò, Superstition di Stevie Wonder, con lui alla batteria….

Mi illuminai dentro decidendo che quello sarebbe stato il mio mood, intimamente in festa perenne, fuori non importava. Ascoltavo musica, continuamente la registravo alla radio sulle musicassette e la catalogavo, la assimilavo d’istinto, senza conoscenza.

A 11 anni iniziai a sbattere ovunque…., la storia di tutti.

A 14 anni ero già un discreto musicante ma un superbo conoscitore davvero ispirato di una tonnellata di dischi, ed il genere non era una condizione. Respiravo ed esprimevo l’energia che mi trasmetteva la musica. Il virus era un ritmo di batteria incalzante, o un giro di basso od un riff di chitarra, una epica cavalcata sulle tastiere o la cerimoniosità frizzante di un pianoforte, una bella ed evocativa voce umana. Era una amica sicura…. Poi lo studio, le prime band, ….

Non ho più smesso.

E mi è rimasta un  cosa alla quale sono indissolubilmente legato e che da sempre è la filosofia che mi accompagna come musicista ed insegnante.

Il bisogno di essere ascoltato, per diffondere. Non me. Ma la musica. Ed i benefici immensi che chiunque può trarre dall’avere con lei un rapporto giusto.

Questa del MUSES’ DEN LIVE LAB è l’iniziativa di cui poterti sentire parte importante.